mercoledì 16 luglio 2014

L'antica Schiacciata di Zibibbo ed una storia importante



C'ERA UNA VOLTA.....







Quella di cui voglio parlarvi è la storia di una famiglia di Vaiano, in provincia di Prato, che da tanti anni, di generazione in generazione, dal 1919 si tramanda di padre in figlio la passione per un mestiere antico, quella di Mugnaio.





E' la storia del "MOLINO BARDAZZI" e di una straordinaria famiglia che ha creduto e costruito nel tempo, con il loro instancabile impegno, una realtà lavorativa fatta soprattutto di un'attenta ricerca della qualità, grande conoscenza del sistema produttivo e del vasto mondo delle farine, e dal grande desiderio di divulgare anche alle nuove generazioni i valori umani e lavorativi di un tempo: quelli in cui fare il Mugnaio aveva una valenza nella propria comunità ed era un'importante priorità e necessità.







E' la storia di Marco Bardazzi, coadiuvato nel lavoro dall'insostituibile e prezioso aiuto di suo padre Gaetano e della sua famiglia, il quale ha ricevuto in dono dal nonno Ciro l'amore per un lavoro che non sono in molti a voler fare.




Un lavoro che suo nonno, anche se molto anziano e con la stanchezza che gravava sul suo fisico, si ostinava a voler seguire personalmente facendo visita quotidianamente al suo Molino, nonostante fosse costretto a salire le scale che lo portavano ai piani superiori, anche carponi.


Perché quel pavimento e quelle scale di legno consunte dal tempo, quel rumore dato dai macchinari, dai laminatoi e dalla macina a pietra che continuava a girare, quell'aria intrisa dall'odore di paglia e grano maturo, erano la sua vita.





Oggi, grazie anche alla grande passione di suo nipote, continuano ad essere presenti per la gioia di chi come me, pensa innanzitutto alla fiducia che è giusto riporre in persone che svolgono un lavoro prezioso, attento e di grande qualità come quello del Mugnaio.

Sentir parlare Marco Bardazzi e suo padre del loro lavoro è sempre una grande gioia e l'enfasi con la quale raccontano lo scandire delle loro giornate al Molino è semplicemente entusiasmante. L'attenzione per tutte quelle verifiche qualitative che occorre effettuare per garantire sempre un prodotto di eccellente qualità, fa si che i loro si possano considerare dei veri e propri prodotti di nicchia.

Per loro, dice Marco Bardazzi, la qualità del prodotto finito sta nella qualità della materia prima di partenza, lavorata con cura e sapienza per garantire ai propri clienti farine naturali al 100%.



Per le loro farine macinano i migliori grani teneri 100% italiani provenienti dall'Emilia Romagna e ne ottengono straordinarie farine "00" "0" "1" e "integrale macinata a pietra" e usano i migliori grani Canadesi e Americani per la loro farina di forza "0 Manitoba".


Sono produttori esclusivi della pregiata farina "GranPrato "ottenuta dai grani della filiera corta cerealicola pratese.




Perché signori cari, qui non si parla solo di farina, intesa come sacchetto che contiene chissà che cosa, qui stiamo parlando della ricerca di un prodotto che parlasse a tutti, e nella fattispecie nella Provincia di Prato, di una realtà agricola e imprenditoriale che ha sudato sette camicie per realizzare un progetto importante quale è il "GranPrato".

Mi farebbe piacere (e vi rimando al link della provincia di Prato http://www.provincia.prato.itche leggeste con attenzione quanto riportato, per approfondire un argomento che io reputo molto importante.
Perché in Italia ci sono ancora mugnai, agricoltori, panificatori e pasticceri seri che credono nel valore aggiunto che si ha nell'utilizzare prodotti di qualità, ottenuti da coloro che seguono passo passo il ciclo produttivo e che riescono a far sì che sulle nostre tavole ci possa essere la garanzia di trovare prodotti di indubbio pregio, giustamente pagati da noi potenziali acquirenti e giustamente retribuiti a chi svolge un lavoro così faticoso e sempre più spesso mal compensato.

Trascrivo qui di seguito un breve passo dell'intervista che Marco Bardazzi ha rilasciato in merito al conseguimento di un importante Bollino realizzato con il contributo della Provincia e che certifica il prodotto "GranPrato":

"Un passo avanti ulteriore che completa l'identità e la riconoscibilità di questo prodotto - spiega Marco Bardazzi dell'omonimo Mulino - Il bollino servirà a garantire al consumatore la qualità e l'unicità del prodotto e darà al progetto un ulteriore strumento di monitoraggio della diffusione".

Nato nel 2011 il GranPrato, è un progetto di filiera cerealicola corta per la produzione e commercializzazione di farina, pane e derivati da grano coltivato nel territorio di Prato, il cui obbiettivo ambizioso era quello di valorizzare l'economia locale e le sue eccellenze facendolo nel pieno rispetto dell'ambiente e garantendo ai produttori un compenso equo.

Il "patto di filiera" stilato tra i produttori è ferreo ed obbliga i membri al rispetto dei disciplinari prestabiliti sia nella coltivazione che nella panificazione i quali impongono la riduzione di prodotti chimici e quindi un orientamento al biologico, il mantenimento delle caratteristiche del grano originario nonché la promozione dell'utilizzo di lievitazioni di tipo naturale con l'ausilio di lieviti madre.

Allora ditemi voi se, a ragion veduta, non ho il diritto di essere orgogliosa nel dichiarare che io questa farina la utilizzo da tanto, per tutto quello che, tipicamente toscano o no, finisce sulla mia tavola, perché quando lo faccio, a parte la certezza sulla indubbia qualità organolettica delle farine del Molino Bardazzi, so di ricordare e motivare l'orgoglio e la serietà di una famiglia che tanto ha dato e dà alla nostra comunità in termini di serietà, qualità e impegno.

E quindi, gentile Famiglia Bardazzi, per ringraziarvi, oggi voglio lasciare a tutti quelli che passeranno dal "Chicco" la ricetta di un lievitato che ormai nessuno fa più da tanto tempo, ma che rientra nella ristretta cerchia di quei prodotti che sanno di storie d'altri tempi, un po' come la vostra, da eseguirsi con la vostra farina "GranPrato", e per attenermi al "Patto di Filiera" la proporrò nella versione a lenta lievitazione naturale.

Un grazie di cuore dal "Chicco" per il vostro grande impegno, per la vostra serietà e per la straordinaria qualità delle vostre farine.

Ed ora la ricetta in questione:


La Schiacciata di Zibibbo
  
a lievitazione naturale


Ingredienti per un teglia della misura 30 x 40 cm.

- g. 350 di farina di grano tenero Tipo "0" GranPrato
- g. 100  di lievito naturale idratato al 50%   (*)
- g. 150 di acqua a temperatura ambiente
- g.   50 di uovo intero
- g.   80 di zucchero semolato
- g.   70 di olio extra vergine di oliva 
- g.   50 di strutto (non sostituite con burro o margarine)
- g.     6 di sale
- n.     1 rametto di rosmarino accuratamente lavato e tritato
- g. 250 di Zibibbo, ammollato per 12 ore e quindi asciugato bene

(*) Nota informativa: per chi non avesse i 100 g. di lievito naturale previsti nella ricetta, consiglio la preparazione di una Biga di 12 ore preparata con 65 g. di farina W330, 34 g. di acqua ed 1 g. di lievito compresso. Decorso il tempo di riposo della Biga, nell'impasto finale oltre ad essa dovrete aggiungere ulteriori 3 g. di lievito compresso. I tempi di lievitazione non cambieranno di molto dal momento che il prodotto è abbastanza ricco in zuccheri e grassi. Vale comunque la regola della verifica visiva  del raddoppio del volume.

Preparazione:
Prima di tutto prendete in 70 g. di olio extra vergine d'oliva, metteteli in un pentolino con tutto il rosmarino tritato e poneteli sul fuoco solo per il tempo necessario a scaldare il tutto. Toglietelo quindi dal fuoco e fatelo raffreddare.

Inserite nell'impastatrice il lievito naturale spezzettato a mano, l'acqua nella quale avrete sciolto 10 g. di zucchero e l'uovo leggermente sbattuto. 
Quando si sarà creata una sorta di crema unite tutta la farina. e quando quest'ultima avrà assorbito tutto il liquido inserite altri 40 g. di zucchero semolato.

Lavorate cercando di creare un impasto omogeneo, inserite quindi il sale e dopo qualche minuto versate la metà dell'olio aromatizzato con il rosmarino, versandolo a filo.
Non abbiate paura, con una lavorazione lenta l'impasto non si surriscalderà ed in poco tempo la qualità straordinaria della farina avrà assorbito tutto l'olio.

Quando vi ritroverete l'impasto attaccato al gancio dell'impastatrice, inserite lo strutto  in tre volte. Portate quindi a completamento la lavorazione verificando che l'impasto abbia una consistenza soffice ma al contempo morbida, vista l'elevata quantità di liquidi, zuccheri (che sono in parte altri liquidi) e materia grassa.

Fatelo riposare all'interno della ciotola, coprendo con un canovaccio, per 30 minuti, decorsi i quali rovesciate il composto sul tavolo da lavoro leggermente spolverato di farina, allargatelo delicatamente sino a creare un quadrato di 30 cm. di lato e distribuitevi sopra lo Zibibbo. Arrotolate il tutto ed impastate leggermente per consentire allo Zibibbo di inserirsi in modo uniforme nell'impasto.



A questo punto riposizionate il composto nella ciotola, copritelo con un canovaccio e fatelo lievitare sino al raddoppio ad una temperatura di 26° C.

Predisponete quindi la teglia rivestendola di carta da forno, spolveratela di poca farina e rovesciatevi sopra l'impasto, con cautela cercando di non sgonfiarlo e con la stessa delicatezza allargatelo all'interno della teglia stessa aiutandovi con i polpastrelli. Fate in modo che lo spessore del prodotto sia uniforme, ci guadagnerete in fase di cottura.



Distribuitevi sopra l'olio aromatizzato che vi è rimasto e con le mani distribuitelo in modo omogeneo, cospargete quindi tutta la schiacciata con i restanti 30 g. di zucchero semolato.



Introducete quindi in forno (non ventilato) e cuocete ad una temperatura di 200° C per circa 30 minuti. Se notate che dovesse scurire troppo, copritela con stagnola sino al termine della cottura.

A cottura ultimata, estraetela dal forno e dopo 5 minuti posizionatela su una griglia  a raffreddare.


Ai molti che non conoscevano questa schiacciata, racconto soltanto che la sua origine è molto antica, ormai praticamente scomparsa; sono pochi gli scritti che ne riportano la sua passata esistenza e che ne raccontano la sua straordinaria bontà.

Era considerato un pane dolce da preparare per le feste nelle campagne, ingetilito, per chi poteva, da buon olio extra vergine d'oliva, saporito strutto, zucchero poco perché prerogativa delle famiglie benestanti, ed uva seccata sui cannicciati per averla disponibile durante l'inverno.

Il "Chicco" ha avuto il privilegio di assaggiarla a Firenze molti anni fa e da allora ha provato tante volte a riprodurla, ma questa volta il risultato è andato oltre ogni più rosea aspettativa.

La straordinaria qualità panificatoria della farina GranPrato unitamente alla complessità di aromi scaturiti dalla lievitazione lenta e naturale, hanno fatto sì che alla sua degustazione, più che ad una schiacciata assomigliasse ad una brioche stesa in teglia.

Crosticina sottile e lievemente croccante per via dello zucchero, leggerissimo sentore di rosmarino ed una naturale ed appagante dolcezza conferita dallo Zibibbo.

E' un vero peccato che questo eccellente prodotto non possa fieramente troneggiare nelle luccicanti vetrine di una Pasticceria o di una Panetteria, ma per il momento possiamo soltanto sperare che qualcuno,  preso da un po' di sana nostalgia, ci ripensi e per la gioia dei propri clienti non ricominci a riprodurla.
 


Il "Chicco" insieme al "Molino Bardazzi"
augura tutti voi una buona giornata.


inviato a: yeastspotting

2 commenti :

  1. Cara Anna ,
    è con grande entusiamo che ho letto questo bellissimo articolo , gli apprezzamenti al nostro lavoro mi riempiono di orgoglio e trasformano le fatiche quotidiane in un rinnovato impegno ad operare sempre meglio.
    Sono io che Vi devo ringraziare , perchè ci date lo stimolo per continuare a credere nel nostro lavoro che sempre più spesso viene messo a dura prova da un mercato che ormai privilegia solo il prezzo più basso e l' omologazione dei prodotti.
    Le nostre farine sono vive e naturali e come tutti gli esseri viventi vanno amate e comprese , ma nelle giuste mani contribuiscono a rinnovare quella magia che è l' arte bianca e nella cucina del Chicco e la Spiga hanno trovato degna dimora.
    Un caro saluto
    Marco Bardazzi

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